Per Frani la pittura comporta l’utilizzo della classica tavola e di superfici laccate (MDF) in dimensioni variabili. Il fondo nero, d’olio e sedimenti polverosi, scontorna i soggetti ed è l’entità immateriale che li divora; la camera oscura, nella quale la radiazione luminosa appare e scompare come dal cono di un riflettore. E' la teca dello “ieros": il sacro che esplora la natura delle cose e le emulsiona su un immaginario dagherrotipo. Frani utilizza il colore ab negativo come un sidario che ha il compito di ri-velare il reale. Un viraggio corrotto lascia affiorare la similitudine con quella Tera heideggeriana che si ritira, pur trattendendo l0orma dell'evocazione poetica. In realtà regna l'immobilità rappresentativa, il silenzio e la morte delle cose.
Anita T. Giuga