Chiara Canali
Una pittura di ombra e di luce
Il filosofo tomista Norris Clarke parla dell'analogia come linguaggio del chiaroscuro, un misto di luce e tenebre. Il linguaggio analogico è il linguaggio del nascondimento e della rivelazione, che orienta al mistero della Natura e al Dio più grande, che si nasconde dietro di essa.
La ricerca di Ettore Frani riflette sui temi della luce e dell’ombra come analogia, per alludere alla dimensione dello spirituale che parla attraverso le cose della terra e, primariamente, attraverso le manifestazioni della Natura.
La pittura a olio conferisce alle sue tavole la profondità della quadricromia attraverso l’uso del bianco e nero, l'estensione delle scale dei grigi, la scansione quasi geometrica del chiaroscuro, concepito come la vera forza modellante che crea profondità e volumi nelle forme.
Una pittura di luce e ombra che, come nel caso della pittura d’ombra di derivazione greca (skiagraphé), simula immagini fantasmatiche di cose viventi e fissa sulla tavola un evento quotidiano – il sorgere dell’aurora su un campo arato – metafora del dono della grazia che irradia la sua luce come un sole. Ai lati de Il dono, il dittico de I sommersi, appare come una sorta di immagine della Sindone, che conserva il mistero di ciò che è forma senza contorno. Essa è manifestazione dei valori d’ombra e di luce per testimoniare in forma bidimensionale un rilievo, un corpo che non è più presente. I sudari de I sommersi sono esternamente delle tele immacolate, plastiche, nelle quali si raccolgono all’interno le tracce invisibili della nostra mortalità. L’ombra che le plasma è lo specchio enigmatico della vita, e la vita organica della carne riceve, grazie alla trasfigurazione, la luce che la eleva al di là della sua condizione prefigurativa.
Ancora una dicotomia tra la pesantezza e la gravità del corpo, figura dell’uomo, e la levità e la leggerezza della grazia divina viene incarnata dal trittico L’ombra e la grazia e viene esemplificata nel contrasto tra ombra e luce da cui emerge la forma simbolica del principio di riconciliazione. In quest’opera è significativo il rimando alle opere velate delle «Iconostasi» (1988) di Claudio Parmiggiani, statue e quadri velati con drappi bianchi, evocanti nel titolo le strutture separatorie delle basiliche cristiane, adorne di immagini sacre, che sono sicuramente una scansione di riferimento simbolica anche per i polittici di Ettore Frani. Come nella parete di icone nelle chiese ortodosse si delimitano i confini dello spazio sacro nel quale si fa esperienza di assenza dell’immagine, così nell’idea di velamento, e quindi anche di s-velamento, della pittura di Ettore Frani si ritrova una eco del pensiero metafisico di Heidegger secondo cui l’essere non si dà al di fuori dalla sua necessaria “inclinazione all’autonascondimento”, cioè non si manifesta se non nascondendosi.
L’ombra che i sudari proiettano ha un carattere duplice, in quanto rappresenta e al contempo contraddice il corpo, connettendo così presenza e assenza. La luce è necessaria per produrre ombra, la quale ne costituisce l’assenza, cioè l’assenza di luce. Dietro dunque la traduzione inquieta di ombra e di luce di Ettore Frani, dietro alle sottrazioni, assenze, sparizioni e nascondimenti della sua materia, si apre un accesso alla verità e si manifesta la presenza dell’assoluto.
Testo tratto dal catalogo della mostra personale Ricucire il cielo, apr-giu 2017, Nuova Galleria Morone, Milano
________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Chiara Canali
A painting of shadow and of light
The thomist philosopher Norris Clarke talks about analogy as a language of chiaroscuro, a mix of light and darkness. The analogical language is the language of the hiding and of the revelation, which tends towards the mystery of Nature and of the highest God, which hides beyond it. Ettore Frani's search reflects on the themes of the light and of the shadow as analogy, to allude to the dimension of the spiritual which talks through the earthly things and, primarily, through the manifestations of Nature.
Oil-painting gives to his paintings on board the depth of the four-color process using black and white, the extension of the scales of
greys, the almost geometric scanning of the chiaroscuro, conceived as the true modeling force that creates depth and volumes in the forms.
A painting of light and shadow that, as in the case of the painting of shadows of Greek origin (skiagraphé), it simulates imaginary images of living things and fixes on the paintings on
boards a daily event – the rising of dawn on a plowed field – metaphor of the gift of grace that irradiates its light like a sun. To the sides of The gift, the diptych of The
submerged, appears as a sort of the image of the Holy Shroud, which preserves the mystery of what is form without contour. It is manifestation of the values of shadow and of light to testify in
a two-dimensional form a relief, a body which is no longer present. The sudaria of The submerged are externally some immaculate paintings, plastics, on which inside are gathered invisible
traces of our mortality. The shadow which moulds them is the enigmatic mirror of life, and the organic life of the flesh receives, thanks to the transfiguration, the light that elevates it way above
its pre-figurative condition.
Still a dichotomy between the heaviness and the gravity of the body, man's figure, and the slightness and the lightness of the divine grace is incarnated by the triptych The shadow and the grace is illustrated in the contrast between shadow and light from which emerges the symbolic form of the principle of reconciliation. In this work it is important to go back to the veiled works of the «Iconostasi» (1988) by Claudio Parmiggiani, statues and paintings veiled with white drapes, evoking in the title the separating structures of Christian basilicas, adorned with sacred images, which are surely a scansion of symbolic reference also for Ettore Frani's polyptyches. As on the wall of icons in orthodox churches are outlined the borders of the sacred space in which one experiences the absence of the image, so also in the idea of veiling, and therefore also of unveiling, of Ettore Frani's painting one finds echo of the metaphysic thought of Heidegger according to whom the being does not concede himself outside his necessary “inclination to the self-hiding”, that is to say he does not reveal himself if not by hiding.
The shadow which the sudaria cast has a twofold character, because it represents and at the same time contradicts the body, so connecting presence and absence. The light is necessary to produce shadow, the one which constitutes its absence, that is to say the absence of light. Therefore, beyond the not so clear translation of shadow and of light of Ettore Frani; beyond the subtractions, absences, disappearances and hidings of its matter, opens an access to truth and it is revealed the presence of the absolute.
Text from the catalogue of the solo exhibition Ricucire il cielo (Resew the sky), apr-jun 2017, Galleria Nuova Morone, Milan